(Matsuyama Kaze 01) Agguato all'incrocio by Dale Furutani

(Matsuyama Kaze 01) Agguato all'incrocio by Dale Furutani

autore:Dale Furutani
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Avventura
ISBN: 978-88-7168-462-8
editore: Marcos y Marcos
pubblicato: 2007-05-14T16:00:00+00:00


XIII

L’amore conosce molti nomi.

Nella solitudine dei boschi oscuri

tutti i nomi tacciono.

Il mattino seguente, Kaze uscì a passeggiare in cortile e si avvicinò alla gabbia in cui era rinchiuso Jiro. La sera prima aveva detto a Manase in tono indifferente che la ricerca era stata infruttuosa, e che per trovare l’accampamento dei banditi avrebbe dovuto escogitare qualche altro sistema. Nagato, che era presente, aspettava nervosamente che Kaze parlasse dell’imboscata; il samurai, invece, non solo non aveva detto una parola in proposito, ma addirittura aveva iniziato una lunga perorazione a favore dei componimenti haiku rispetto a quelli della più prolissa poesia tanka, suscitando il massimo interesse di Manase, che era andato avanti a dissertare con Kaze per ore. Per tutto quel tempo, le regole del cerimoniale avevano imposto a Nagato di starsene appollaiato a gambe incrociate, col suo considerevole peso interamente appoggiato sui talloni e sulle ginocchia; la posizione era diventata ben presto una tortura, e Nagato pregava che quella noiosa conversazione finisse. Ogni volta che sembrava sul punto di esaurirsi, però, il ronin se ne usciva con qualche altro dettaglio di sottigliezza poetica, e lui e Manase ci si soffermavano per interminabili minuti. Tormentato dal dolore, il magistrato malediceva il samurai senza riuscire a spiegarsi perché, invece di tirar fuori la storia dell’imboscata, avesse colto proprio quell’occasione per coinvolgere Manase in una dissertazione letteraria senza fine. Al termine della serata, Nagato era riuscito a stento ad alzarsi per tornare a casa.

Avvicinandosi alla gabbia di Jiro, Kaze arricciò il naso per la puzza. Non l’avevano lasciato uscire per andare in bagno. Jiro aveva cercato di confinare i suoi bisogni in un angolo della gabbia, ma in uno spazio così circoscritto la sua precauzione si era ridotta a un gesto simbolico.

Il vecchio venditore di carbone alzò gli occhi stanchi verso Kaze.

«Ti hanno dato dell’acqua?» chiese il samurai.

Jiro annuì fiaccamente.

«E da mangiare?»

Fece segno di no con la testa.

Kaze tirò fuori dalla manica una grossa palla di riso in un involucro di foglie, e attraverso le sbarre di legno la pose nelle mani tremanti di Jiro; quello strappò le foglie e, famelico, iniziò a trangugiare il cibo.

«Piano» lo ammonì Kaze «ci manca solo che ti strozzi con una palla di riso prima che possa fare qualcosa per tirarti fuori di qui».

Per la sorpresa, Jiro smise di mangiare. Per la prima volta i suoi occhi brillarono di una scintilla di vita, e si riempirono di pianto.

«Ferma quelle lacrime» fece Kaze bruscamente. «Non sopporto la gente patetica. Ce n’è troppa nel nostro paese di questi tempi, e mi ha stufato. Sai dov’è il campo dei banditi?»

«No».

«E allora in questa gabbia ti toccherà starci per un pezzo. Devo trovare quell’accampamento e controllare una cosa; una cosa che potrebbe aiutarmi a farti uscire di qui».

Jiro ci pensò su un momento, poi disse: «Aoi».

«Amore?» fece Kaze. Aoi significava amore.

«No, non la parola amore. Aoi è il nome di una donna. È la prostituta del villaggio, una vedova. Questo è un villaggio povero, e lei ha un po’ troppi soldi e un mucchio di belle cose.



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